Le origini della popolazione asinina Calabrese sono molto antiche, le prime notizie risalgono al 1240, quando Federico II ordinava a Pietro Ruffo di Calabria di rivolgersi a Ruggero, monaco di S. Giovanni, perché – da intenditore qual’era – gli fornisse buoni asini “pro cooperiendis jumentis nostris”, ed a quando, alla fine del secolo XIII, Carlo I d’Angiò raccomandava ad Eustazio di Matera, maestro delle razze di Calabria, di sorvegliare i “caballarii” (addetti alle stalle) durante le operazioni di monta (De Leo 1993). Qualche notizia la troviamo anche nel Mascheroni (1927) quando, nel suo testo di Zootecnica speciale, parla della razze asinine presenti in Italia. Il Mascheroni evidenziava che l’Italia si collocava subito dopo la Spagna per numero di asini allevati, con circa 950.000 soggetti, asini ripartiti non uniformemente ma concentrati soprattutto “nella parte meridionale della penisola e nelle isole di Sicilia, Pantelleria e Sardegna”. La popolazione asinina italiana era costituita dalle razze: Pugliese, Siciliana, di Pantelleria e Sarda, ed ancora l’asino Pugliese comprendeva le sotto-razze: Martina Franca, delle Marche, della Romagna, della Basilicata e della Calabria (Mascheroni 1927). Ancora Tortorelli (1927) riferiva che la popolazione asinina italiana facesse capo principalmente alla razza di Martina Franca, con le sottorazze Romagnola, Marchigiana, Lucana e Calabrese. Anche Marchi e Mascheroni (1925) riferivano che dal punto di vista filogenetico le razze asinine italiane erano in origine fondamentalmente quattro: Pugliese, Siciliana, di Pantelleria e Sarda. La razza Pugliese, considerata quella con la maggior diffusione sul territorio nazionale, comprendeva le sottorazze Calabrese, di Basilicata, Leccese, di Martina Franca, Marchigiana ed infine Romagnola. L’asino Calabrese risulta quindi essere un prodotto della selezione dall’asino Pugliese. Il Mascheroni (1927) inoltre descrive l’esteriore conformazione dell’asino Pugliese, dicendo che “questi caratteri erano comuni alle quattro sottorazze sopraccennate”, pertanto anche l’asino Calabrese veniva identificato come un soggetto di taglia elevata e corpo lungo e ben proporzionato. Testa grossa con occhi un po’ piccoli e orecchie lunghe, larghe e pelose portate quasi orizzontalmente. Linea dorsale dritta, arti robusti, zoccoli abbastanza grandi. Mantello preferibilmente scuro ma talvolta anche grigio, con pelo liscio, raramente ricciuto. Anche il Tortorelli (1927), nel descrivere l’asino stallone Pugliese, parla di un animale slanciato ed elegante, di taglia elevata, con mantello dominante morello o baio-scuro.
Per quanto riguarda la consistenza, nel 1908 il patrimonio asinino calabrese era di circa 68.000 esemplari, un aumento si era registrato fra il 1930 ed il 1950, raggiungendo i 78.000 capi, per arrivare a circa 58.000 unità negli anni 60’ (Meyriat 1960). In Calabria è tuttora presente una popolazione asinina con una consistenza non ancora ben definita, che, ancora oggi, è caratterizzata da notevole rusticità e frugalità, abituata a vivere spesso anche allo stato brado, dividendo il pascolo con altre popolazioni animali autoctone.
E' stato avviato un Progetto di recupero dell'Asino Calabrese, finanziato dall’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Caratteri morfologici
L’asino Calabrese veniva descritto, assimilandolo al Pugliese, come un animale di taglia elevata, di circa 1,45 m dal Mascheroni (1927) e di 1,25 – 1,35 m dal Tortorelli (1927).
a cura del dott. Luigi Liotta
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