ciao lucio per quello che so io la pianta innestata prende anche le somiglianze del portainnesto, nel mio caso il chrysotrichum le foglie di melanzana diventano più grandi la pianta e molto più resistente e vigorosa le melanzane ottenute sono diverse come qualità, quindi trasmette le sue caratteristiche alla pianta innestata, peso che innestando su una pianta altamente tossica i frutti conterranno più concentrazioni di alcaloidi. cmq sia io non proverei anche perche come ho detto prima non vedo uno scopo utile! quando ci sono piante non tossiche come il torvum, il tamarillo, il chrysotrichum, tutte piante eccellenti! che rendono l'innesto molto vigoroso e produttivo. ti lascio queste righe
Alcaloide: gli alcaloidi sono sostanze di origine perlopiù vegetale. Non è un raggruppamento basato sulle caratteristiche chimiche, essendo sostanze di varia e diversa provenienza, ma su come interagiscono con l’organismo, e infatti il motivo del nome è che ricordano gli effetti degli alcali, sostanze molto irritanti e corrosive per i tessuti degli organismi viventi (fra gli alcali, un esempio per tutti: la soda caustica). Il gruppo degli alcaloidi è vasto e comprende sostanze quasi innocue e sostanze molto velenose: sono alcaloidi la nicotina (nel tabacco, fra l’altro anch’esso una solanacea), la caffeina (caffè, tè), la teobromina (cacao), la capsaicina (gusto piccante del peperoncino) ma anche la tubocurarina (curaro) o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi contenuti nelle solanacee sono per lo più glicoalcaloidi (alcaloide + zuccheri) di bassa tossicità, il più conosciuto dei quali è la solanina. Ma ci sono anche la chaconina (nella patata in dosi paragonabili alla solanina), la tomatina (nel pomodoro è la predominante), la solasonina e la solamargina (melanzane) e altri in quantità trascurabili.
Parlando di solanacee, le molecole di solanina, chaconina, tomatina, solasonina e solamargina sono spesso per semplicità indicate genericamente come “solanine“, ma per maggior precisione vengono chiamate anche “TGA” (Total GlycoAlkaloids). Raggrupparli non è un azzardo, visto che la loro struttura chimica è molto simile e quando vengono metabolizzati liberano gli stessi pochi alcaloidi: solanina e chaconina vengono separate dagli zuccheri presenti nella molecola e liberano l’alcaloide solanidina. La tomatina libera invece l’alcaloide tomatidina, mentre solasonina e solamargina liberano l’alcaloide solasodina. Visto che utilizzando tutti questi nomi le idee cominciano già a confondersi, e non poco, per semplicità d’ora in poi useremo anche qui i termini “TGA” o “solanine”.
Ruolo biologico: la pianta le produce come pesticidi naturali. Le solanine fungono da reppellenti per insetti e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi. Ad esempio nella patata solanina e chaconina sono efficaci fra l’altro contro la dorifora e la peronospora, mentre la tomatina è un buon battericidida e funghicida, tanto che le foglie di pomodoro erano usate in passato per disinfettare le ferite superficiali.
Tossicità e benefici: i TGA agiscono soprattutto sui tessuti dell’apparato digerente, le cui pareti cellulari vengono danneggiate, e sul sistema nervoso, bloccando la trasmissione degli impulsi fra le cellule nervose (effetto anti-colinesterasi).
A dosi tossiche per ingestione i sintomi sono vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, confusione mentale. A dosi mortali la complicanza maggiore è il blocco cardiorespiratorio.
Oltre alla tossicità acuta è stata esaminata anche la tossicità cronica, legata a basse o bassissime assunzioni per anni. Nonostante le ricerche siano numerose i risultati sono ancora non del tutto certi e anche controversi.
Il primo effetto cronico che si sospetta riguarda il metabolismo del calcio. Questo sembra essere destabilizzato dal fatto che la solanidina (l’alcaloide derivato da solanina e chaconina) ha una molecola molto simile alla vitamina D3, fino al punto di favorire il prelievo di calcio dalle ossa e il suo deposito in giunture e tessuti molli (forse anche le arterie, causando arteriosclerosi). Questo peggiorerebbe dolori articolari, artrite, artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il secondo riguarda la psoriasi. Nei soggetti predisposti la somiglianza della solanidina con la vitamina D3 ingannerebbe i recettori presenti nella pelle che si occupano di moderare la proliferazione cellulare (proliferazione che, degenerando, provoca appunto la psoriasi). Con la vitamina D3 i recettori si attivano, con la solanidina no, peggiorando o scatenando la malattia.
Per contro bisogna sempre tenere conto degli indubbi e dimostrati effetti positivi sulla salute delle solanacee, di gran lunga maggiori del rischio alcaloidi. Come dimenticare gli antiossidanti di pomodori e peperoni? Vitamina C in quantità enormi, carotenoidi fra cui il licopene, polifenoli a centinaia, vitamine, sali minerali forniti generosamente anche da melanzane e patate. Per non parlare delle fibre, solubili e insolubili. Consumando le solanacee anzi continueremo nell’opera di adattamento (genetico e culturale) a questi alimenti che hanno più lati positivi che negativi, alla ricerca dell’ennesima “armonia tossicologica” fra uomo e natura.
Come ulteriore incoraggiamento sono poi cominciati gli studi per capire se i glicoalcaloidi delle solanacee possono avere anche ruoli positivi (anticancro, e sembra anche antivirali), come li hanno ad esempio gli isotiocianati delle crucifere, anch’essi tossici ad alte dosi (ad esempio bastano già 500 gr di cavoli per influire negativamente sul metabolismo dello iodio nella tiroide), ma per l’uomo validi anticancro. Le ricerche sulle solanine in questo senso sono già numerose e promettenti (Mendel Friedman su tutti, per chi è interessato).
Eliminazione delle solanine: gli studi sono controversi. Ricerche effettuate su topi, ratti, criceti, scimmie, uomini hanno dato esiti diversi, ma diverse sono state anche le modalità di somministrazione. La solanidina pura (l’alcaloide finale, dunque, che nei cibi è tale solo in piccole quantità) sembra venire assorbita in buona percentuale, mentre le solanine come glicoalcaloidi presenti negli ortaggi vengono in buona parte eliminate con feci e urine nel giro di 24 ore (i roditori in testa: 70-80%). Una volta accumulate nell’organismo sembra invece che vengano smaltite lentamente (mesi). Si accumulano, dove più dove meno, in quasi tutti gli organi. Una sintesi plausibile di quanto si sa finora è questa: le solanine presenti nei cibi vengono eliminate, o meglio non assorbite, fino al 70-80% con feci e urine nel giro di 24 ore. Quelle che vengono assorbite e si accumulano negli organi hanno un’emivita (cioè un tempo di dimezzanento) di 30-60 giorni. Vuol dire che se volessimo eliminare completamente dal nostro organismo le solanine assorbite finora dovremmo evitare le solanacee per parecchi mesi. Molto sembra dipendere anche dalla genetica: un sudamericano ha nei geni millenni di consumo di solanacee, un europeo pochi secoli, e l’adattamento può quindi essere diverso.
La cosa non deve stupire. Ad esempio la persistenza anche in età adulta dell’enzima lattasi per la digestione del lattosio ha avuto un’evoluzione simile: pochi uomini l’avevano 10-12000 anni fa, ora è presente in buona parte dell’umanità.
D’altra parte non potrebbe essere altrimenti, poichè con la quantità di solanine presenti ad esempio nelle patate, anche se ben conservate, le popolazioni che ne fanno uso quotidiano raggiungerebbero la dose tossica nel giro di pochi giorni, se venissero assorbite tutte o quasi.
La cottura non serve, poichè le solanine degradano solo oltre i 240 gradi. L’abbassamento della concentrazione di solanina ad esempio nelle patate lessate è dovuto in massima parte alla diluizione nell’acqua di cottura, cosa che dunque non ha effetto in minestroni, zuppe e minestre in cui si mangia anche il liquido di cottura. L’unico modo per tenere sotto controllo l’introito di TGA è fare attenzione agli alimenti che ne possono contenere troppi (vedere più avanti).
Dosi tossiche: su questo la scienza è unanime: 3 mg per kg di peso corporeo (cioè circa 210 mg totali per una persona di 70 kg) sono la dose tossica (vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini), 6 mg per kg di peso corporeo la dose potenzialmente mortale (420 mg totali per la persona di 70 kg). Nel caso della dose mortale la complicanza maggiore è come già detto il blocco cardiorespiratorio.
La risposta a queste dosi può variare da persona a persona e come visto questo potrebbe dipendere anche dalla propria storia genetica.
Nel computo di queste dosi è venuta in aiuto anche la pratica medica: studiando i casi di intossicazione da solanina si è giunti a capire anche praticamente e precisamente quali fossero le dosi scatenanti. Vista la minor massa corporea i più coinvolti sono sempre stati i bambini: il tipico caso è il ricovero in massa di intere scolaresche con mal di pancia e vomito dopo il consumo in mensa di patate verdi, vecchie, mal conservate o germogliate. Inutile sottolineare che per i bambini le dosi tossiche vanno più che dimezzate (evidenziato anche nella tabella più sotto). Altra cosa importante:
abbiamo visto che buona parte della solanina ingerita viene eliminata nel giro di 24 ore, dunque le dosi tossiche sono da intendersi “al giorno“.
Quantità nei vari alimenti: in condizioni normali la dose biologicamente utile alla pianta per proteggere frutti e tuberi dall’attacco di muffe, insetti, vermi e batteri sembra essere dai 50 ai 100 mg per kg, soprattutto concentrata nelle parti esterne (buccia) e intorno ai semi. Dosi maggiori sono accumulate in foglie, fusti, radici, che non sono commestibili. Le quantità di solanine che si trovano negli ortaggi che consumiamo variano però molto in base allo stato di conservazione, maturazione e attacchi che la pianta ha subìto prima della raccolta. Una cattiva stagione può più che raddoppiare il contenuto di TGA nelle patate, e l’assenza di uso di pesticidi chimici (come in alcune coltivazioni biologiche dove non vengono usati altri antagonisti) costringe le piante a produrre più solanine per difendersi (ma probabilmente sono meglio loro che alcuni pesticidi chimici…). Le cultivar di solanacee usate al giorno d’oggi sono frutto di lunghe selezioni, che ne hanno abbassato in molti casi i livelli di TGA. Le varietà selvatiche, più soggette ad attacchi esterni, ne contengono di più. La tabella sottostante (cliccare per ingrandirla) ne riporta il contenuto per le diverse solanacee in diverse condizioni di maturazione e conservazione, con le dosi tossiche e letali stimate di ognuno per adulti e bambini.