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Quale può essere la causa!!
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Buon giorno ragazzi, oggi per curiosità ho tagliato un formaggio pecorino semicotto che ha subito un notevole rigonfiamento con sucessivo taglio nelle due facce. La lavorazione eseguita il 28-01-2012 è la seguente:
Circa 18lt di latte ovino crudo (non pastorizzato) (no aggiunta di fermenti o yogurt) Riscaldato a 37,2° Aggiunta caglio liquido di vitello 3cc. Atteso 30-35 minuti Primo taglio giusto per e entrare con la frusta.. Secondo taglio con frusta, della dimensione di un chicco di riso.. Riportato a fuoco alla temperatura di 42° Fatto riposare qualche minuto Compattato nel siero e messo in stampo Stufatura a 40° per 3 ore con pesi Rivoltamenti i primi frequentissimi, una volta stabilizzata la forma ogni 30 minuti Peso della forma 2,700kg Messo in salamoia 11 ore dopo averlo levato dalla camera calda a 19bè per 25 ore ruotandolo alla metà del tempo.
Ovviamente il formaggio a solo un mese di stagionatura, quindi non è pronto, si lascia mangiare, sopratutto arrostito.. Do una risposta scontata, si è gonfiato perche non è stato pastorizzato, ok, altri cause?? Certo che se non si fosse gonfiato, la pasta era uscita proprio liscia...che peccato.. Buona domenica!!
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04/03/2012, 13:55 |
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baroreddu
Iscritto il: 06/02/2012, 17:30 Messaggi: 772 Località: provincia di sassari
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hai fatto le frugature quando stavi riempiendo la fuscella? la temperatura di stufatura mi sembra troppo alta. per me sono occhi di struttura,ma sentiamo i maestri. saludos a tottu.
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04/03/2012, 19:26 |
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baroreddu
Iscritto il: 06/02/2012, 17:30 Messaggi: 772 Località: provincia di sassari
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Allegato:
Commento file: frugatura della cagliata
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04/03/2012, 19:36 |
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tsunaseth
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 30/12/2009, 22:14 Messaggi: 7664 Località: Auckland NZ
Formazione: Tecnico Caseario
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Gonfiore tardivo , però è molto bello (sotto un piano scientifico e di studi). Sapore? Anche con la pastorizzazione non l'avresti evitato perché le spore di clostidrium resistono alla pastorizzazione però avresti potuto evitarlo aggiungendo dei fermenti al latte
Ti aggiungo una nota del mio "Professore"
E' da sottolineare che le spore di Clostridium resistono alla pastorizzazione.
Per prevenire questo difetto è necessario evitare al latte inquinamenti di terra o insilati dove si trovano i Clostridi ed abbassare il pH con fermenti lattici a livelli tali da impedirne lo sviluppo (Vizzardi e Maffeis, 1990).
_________________ Il rugby è stato inventato dai gentlemen per reagire alla moda fin troppo plebea e stradaiola della pedata: però per non restare troppo delusi, converrebbe meglio nascere in Nuova Zelanda. (Gianni Brera)
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04/03/2012, 20:00 |
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Cita: hai fatto le frugature quando stavi riempiendo la fuscella? la temperatura di stufatura mi sembra troppo alta. per me sono occhi di struttura,ma sentiamo i maestri. saludos a tottu. La stufatura, non è troppo alta perche nel latte crudo sono presenti i fermenti streptococus termofilus e lactobacillus bulgaricus che si attivano a temperature dai 40° ai 47° per avere un ph ottimale.. Quindi lo escludo, visto che di 8 forme le uniche due si sono gonfiate, e tutti hanno subito la stessa stufatura. Occhi di struttura, non credo proprio..
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04/03/2012, 21:41 |
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Cita: Gonfiore tardivo , però è molto bello (sotto un piano scientifico e di studi). Sapore? Anche con la pastorizzazione non l'avresti evitato perché le spore di clostidrium resistono alla pastorizzazione però avresti potuto evitarlo aggiungendo dei fermenti al latte
Ti aggiungo una nota del mio "Professore"
E' da sottolineare che le spore di Clostridium resistono alla pastorizzazione.
Per prevenire questo difetto è necessario evitare al latte inquinamenti di terra o insilati dove si trovano i Clostridi ed abbassare il pH con fermenti lattici a livelli tali da impedirne lo sviluppo (Vizzardi e Maffeis, 1990). Il gonfiore si è presentato ai 20-25gg infatti pensavo fosse qualche carica batterica nel latte.. Se non si fosse gonfiato, poteva essere bello, peccato che è diventato ovale Il sapore avendo solamente un mese di stagionatura non è male, non è gessoso, rimane un po acidulo, ma si fa mangiare con pane carasau bagnato arrosto è buono.. Dici che aggiungendo dello yogurt potrei ovviare il problema?? Le altre forme che hanno piu di un mese sono belle piatte...speriamo rimangano tali Che io sappia, non mangiano insilati!!! Bo
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04/03/2012, 21:49 |
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Piccola ricerca:
Sempre più clostridi nel latte Dal sito del Dott. Corti Michele, un articolo che ritengo molto interessante. Dietro la retorica del “latte sempre più pulito” e della qualità del “latte made in Italy” Sempre più clostridi nel latte La crescente industrializzazione degli allevamenti determina un trend negativo di uno dei parametri più importanti per la qualità del formaggiodi Michele Corti Le stalle sempre più grandi, l’automazione e la meccanizzazione spinta di tutte le operazioni di (ali-mentazione, mungitura, pulizie) vanno d’accordo con la qualità del latte? Secondo l’ideologia agroindu-striale “grande è pulito”, ma è così? In realtà il gigantismo zootecnico è alla base di problemi dicontaminazione microbiologica del latte tali da pregiudicare gravemente la qualità del formaggio. Alcuni tipi di microbi anticaseari sono “neutralizzati” dai disinfettanti e dai trattamenti termici del latte ma contro alcuni di essi (i clostridi), questi mezzi risultano inefficaci. La presenza dei clostridi provoca il “gonfiore tardivo”, un difetto del formaggio che consiste nella presenza di occhiature, fessurazioni, sfogliature, ca-verne e, talora, nella consistenza spugnosa della pasta. In sovrappiù possono riscontrarsi sapori ed odori sgradevoli. Questo grave problema (contro il quale non vi sono rimedi) si verifica dopo qualche setti-mana/mese di stagionatura e assilla vari tipi di formaggi a pasta dura o semi-dura. Il guaio è che il fenomeno risulta in crescita. Nei campioni di latte controllati dall’Associazione Pro-vinciale Allevatori (Apa) di Parma la percentuale di positività ai clostridi è salita dal 9,0% del 1991 al 23,54% del 2001 per superare il 30% nel 2003. In Lombardia i dati più recenti (2006) indicano un chiaro e generalizzato peggioramento della situazione. I clostridi sono batteri che si sviluppano in condizioni di anaerobiosi (assenza di aria) e che formano una capsula protettiva i grado di consentirne la sopravvivenza nel terreno per anni. Sono resistenti alle tempe-rature elevate (e quindi alla pastorizzazione) e ai comuni disinfettanti. Alimentare le mucche con gli insilati (foraggi conservati in assenza di aria) rappresenta la principale causa della presenza di clostridi nel latte; mentre con l’alimentazione tradizionale (a base di erba o fieno) si trovano meno di 200 spore di clostridi per litro, con quella a base di insilati se ne possono trovare più di 2000. Gli allevatori lo sanno, ma siccome gli insilati abbattono i costi della “razione”, il loro uso continua ad aumentare. La colpa, però, non è solo dell’insilato. L’unifeed è l’altro “imputato”. La tecnica dell’unifeed ovvero del “piatto unico”, mediante la quale si somministrano - in un’unica “passata” - tutti i componenti della dieta mescolati tra loro, è stata adottata per guadagnare tempo nella distribuzione degli alimenti. Si utilizzano enormi carri miscelatori superaccessoriati (da 20 metri cubi di capacità!) che “estraggono” l’in-silato dai silo, “trinciano” i foraggi “lunghi”, li mescolano a mangimi ed altre materie prime (anche liquide) o acqua. Il foraggio così trattato è consumato senza lasciare “avanzi”. In più, somministrando insieme mangimi e foraggi, si possono far ingerire quantitativi più elevati di mangime rispetto a quanto possibile fornendo il mangime da solo. Quanti vantaggi! Peccato che con questo sistema la polvere e la terra che contaminano i foraggi finiscano nella miscelata e che la presenza di acqua, amidi e zuccheri favorisca lo sviluppo dei clostridi. Le mucche ingeriscono le spore e le “restituiscono” nelle feci; con il liquame, sparso copiosamente sui terreni. le spore tornano al ter-reno, i clostridi proliferano ... e il ciclo ricomincia. Veniamo al latte. La sua contaminazione avviene principalmente attraverso le feci e l’imbrattamento delle mammelle. I moderni sistemi di stabulazione “libera”, che non prevedono l’ uso di paglia, sono spesso caratterizzati da aree di “esercizio” molto sporche, dove le mucche si imbrattano di deiezioni; ammassate nelle sale di mungitura esse si sporcano ulteriormente. Stalle e impianti sottodimensionati rispetto all’aumentato numero di mucche presenti, la contrazione della manodopera e l’inevitabile aumento dei problemi gestionali contribuiscono a peggio-rare la situazione in quanto non si puliscono abbastanza le aree di riposo, le attrezzature a contatto con gli animali, le mangiatoie (dove restano i residui di alimento). Quanto alla mammella e ai capezzoli non c’è sempre il tempo per pulirli adeguatamente. L’uso “industriale” di disinfettanti non risolve il problema, semmai lo aggrava perché riduce la flora microbica “buona”, in grado di contrastare i clostridi. Loro, in- vece, resistono. In caseificio non ci sono molti rimedi. A parte l’uso del Lisozima (antibatterico “naturale”) i rimedi con- sistono nell’eliminazione delle cellule batteriche mediante battofugazione (processo che utilizza la forza centrifuga) o l’ultrafiltrazione. L’affioramento naturale del grasso “libera” il latte da molte spore, ma non da tutte. Vi è poi la possibilità di utilizzare innesti “selezionati” con batteri lattici in grado di moltiplicarsi nel latte e “competere” con i clostridi. Infine si può giocare sulle temperature elevate di cottura della ca-gliata e su tecniche che consentono di ottenere cagliate compatte, uniformemente disidratate e in grado di assorbire bene il sale. Si tratta di soluzioni utilizzabili solo nel contesto di determinate tecnologie casearie o che implicano una profonda manipolazione del latte. Il problema clostridi – legato com’è ad un allevamento sempre più industriale – nonostante questi accorgimenti diventerà sempre più grave. Nel prossimo numero ci occupe-remo di un altro fondamentale aspetto dell’attitudine del latte ad essere trasformato in buoni formaggi: le cellule somatiche nel latte.
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04/03/2012, 22:07 |
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Secondo voi, dando una maggiore quantita di sale, si potrebbe ovviare tale problema??
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05/03/2012, 19:21 |
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davideallevi
Iscritto il: 23/11/2010, 11:30 Messaggi: 1632 Località: Caravaggio (BG)
Formazione: Addetto alle produzioni casearie
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Mattleyy ha scritto: Infine si può giocare sulle temperature elevate di cottura della ca-gliata e su tecniche che consentono di ottenere cagliate compatte, uniformemente disidratate e in grado di assorbire bene il sale. Si tratta di soluzioni utilizzabili solo nel contesto di determinate tecnologie casearie Stando a quello che citi... il sale dovrebbe avere un qualche ruolo! Per mio conto, conosco il metodo del riportare le forme a bassa temperatura
_________________ La terra ha risorse sufficienti per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di tutti. -- Mahatma Gandhi
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06/03/2012, 11:21 |
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Mattleyy
Sez. Industria Lattiero-Casearia
Iscritto il: 25/11/2010, 18:05 Messaggi: 792
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Cita: Stando a quello che citi... il sale dovrebbe avere un qualche ruolo! Per mio conto, conosco il metodo del riportare le forme a bassa temperatura Ciao davide, potresti spiegarti meglio?? Da quello che ho potuto appurare assaggiando il formaggio, credo che una salamoia a 18-19bè e 12 ore di sale per kg, sono un po pochini.. Ora bisognerebbe capire se il formaggio si è gonfiato perche era insipido, o per cosa.. Ma per i miei gusti o la salamoia deve avere una forza superiore, oppure bisogna dare 15 ore a kg di sale.. Che ne pensate della mia teoria?
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06/03/2012, 13:51 |
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